mercoledì 23 gennaio 2013

Il Movimento 5 Stelle è pessimo, ma lo voterò


L'organizzazione è pessima, il programma sconclusionato, lo stile di Grillo insopportabile. Il 25 febbraio alle politiche voterò M5S. Inizio con questa semi-citazione una riflessione sui motivi che mi hanno portato a questa scelta piuttosto travagliata.
Già nutrivo profonda sfiducia nel PD, partito che si definisce "progressista"ma nei fatti si è dimostrato restio a qualunque forma di rinnovamento. Ero comunque propensa a votare PD con la speranza che potesse fare qualcosa di meglio rispetto a Monti e Berlusconi.
Ma la notizia dell'intervento militare francese in Mali, con l'appoggio del governo italiano e dei maggiori gruppi parlamentari (PD compreso), è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Prima il Kosovo, poi l'Afghanistan, poi la Libia, ora questo...basta! Non se ne può più delle guerre "umanitarie" appoggiate da quel sepolcro verniciato di rosso chiamato sinistra!
A parte quel falsone di Vendola e quei quattro sfigati comunisti di Ingroia (ho già dato con la "Sinistra Arcobaleno", grazie!), solo Beppe Grillo si è sempre detto contrario a queste guerre di aggressione. A tal proposito concordo pienamente con quanto scritto qui.
Tempo fa il M5S mi piaceva, ora un po' meno per diversi motivi, tra cui l'espulsione dei dissidenti, l'atteggiamento autoritario di Grillo e il fanatismo di certi attivisti. Ma attualmente è l'unico che può portare un po' di rinnovamento, anche se penso che una sua vittoria alle politiche (dai sondaggi, improbabile) potrebbe avere conseguenze disastrose (qui uno scenario chiaramente esagerato, ma neanche tanto).
Commentiamo i principali punti del programma, sintetizzati nell'"Agenda Grillo":
1 - Legge anticorruzione: d'accordissimo, la propongono tutti (tranne il PDL) ma non si decidono mai a farla.
2 - Reddito di cittadinanza: sarebbe bello, ma non so se ci sono abbastanza risorse. Non è una cosa impossibile, visto che esiste in altri paesi europei, ma per favore evitiamo le sparate facili e populiste come questa.
3 - Abolizione dei contributi pubblici ai partiti (retroattivi da queste elezioni):
giusto, ma credo che la retroattività sarebbe piuttosto difficile da applicare e non so neanche se sarebbe giusta (i partiti hanno ricevuto rimborsi elettorali perché la legge lo permetteva, sarebbe giusto punirli con misure retroattive...di quanti anni?)
4 - Abolizione immediata dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali:
non sono d'accordo, una razionalizzazione è necessaria ma abolire tutti i finanziamenti subito porterebbe più danni che benefici, e a farne le spese sarebbero i più deboli (ne parlo più in dettaglio qui).
5 - Introduzione del referendum propositivo e senza quorum:
sì al referendum propositivo, sul senza quorum sono in dubbio. E' giusto che pochi cittadini decidano per tutti? Ok, mi direte, se uno non partecipa al referendum è una sua scelta. Ma se il voto è un diritto/dovere, non si può neanche pretendere che tutti abbiano sempre tempo e voglia di informarsi su qualsivoglia minchiata venga proposta (mi viene in mente il referendum per abolire i minareti in Svizzera, paese in cui comunque il quorum non c'è solo per i referendum abrogativi)
6 - Referendum sulla permanenza nell'euro:
non sono d'accordo, perché già prima ancora di avere il risultato creerebbe una situazione di ulteriore incertezza economica. Inoltre è prevedibile che molti italiani, arrabbiati per la crisi economica, non riescano a fare una scelta razionale. Non a caso la Costituzione non prevede il referendum per le leggi di bilancio e per la ratifica di trattati internazionali. P.S.: ammetto di non capirci una mazza in economia, perciò se qualcuno più esperto può illuminarmi gli sarò grata.
7 - Obbligatorietà della discussione di ogni legge di iniziativa popolare in Parlamento con voto palese:
sì ma...non è già così, almeno in teoria?
8 - Una sola rete televisiva pubblica, senza pubblicità, indipendente dai partiti:
che importa se sono una o tre? Inoltre dubito che si possa sostenere senza pubblicità. Per quanto riguarda l'indipendenza dai partiti ok, bisognerebbe riformare la RAI, in che modo non saprei...
9 - Elezione diretta dei candidati alla Camera o al Senato:
d'accordo, quindi abolizione del Porcellum
10 - Istituzione di un politometro per la verifica di arricchimenti illeciti da parte della classe politica negli ultimi vent'anni:
sì, ma sembrerebbe più una proposta attinente alla lotta alla corruzione e alla criminalità, che, data la lentezza della giustizia richiede mooolto tempo. Il paragone col "redditometro", strumento (mal concepito) per combattere l'evasione fiscale, mi sembra fuori luogo.
11 - Massimo di due mandati elettivi:
Sì per il Parlamento. No per la politica in generale, come fanno nel M5S. Penso che, come nel lavoro, anche in politica l'esperienza sia importante, e imporre una legge simile rischierebbe di favorire gli incompetenti. Forse mi sbaglierò (ai posteri l'ardua sentenza), ma non mi sembra questa la risposta alla corruzione della politica.
12 - Legge sul conflitto di interesse:
Sì, altra questione di cui si parla sempre ma non si fa mai.
13 - Misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa sul modello francese:
sì in generale ad una politica che riduca la tassazione sul lavoro e le imprese; modello francese o no non saprei (economisti illuminatemi di nuovo)
14 - Ripristino dei fondi tagliati alla Sanità e alla Scuola pubblica con tagli alle Grandi Opere Inutili come la Tav:
Sì al taglio alle grandi opere inutili in favore delle opere più piccole (per difendere il territorio dal dissesto idro-geologico, ad esempio). In ogni caso le spese sanitarie vanno razionalizzate perchè ci sono molti sprechi.
15 - Informatizzazione e semplificazione dello Stato:
sì, altra cosa, la semplificazione burocratica, di cui parlano in tanti ma non si fa mai.
16 - Accesso gratuito alla Rete per cittadinanza:
sarebbe bello, ma con quali soldi? Ma poi, con tutti i problemi che ci sono...Estiqaatsi?

Il dibattito continua...

domenica 20 gennaio 2013

Contributi all'editoria: tutto da buttare?



Una delle principali battaglie portate avanti dal MoVimento 5 Stelle è l'abolizione totale dei contributi pubblici all'editoria, in particolare ai giornali. Iniziativa che prese piede durante il V-Day 2 del 2007 con la raccolta firme per il referendum, a cui partecipò anche la sottoscritta pur avendo ben poche informazioni sull'argomento e basate sulla propaganda di Grillo.
In seguito ho in parte cambiato opinione, soprattutto immaginando le gravi conseguenze occupazionali che potrebbe avere un provvedimento così drastico, su un settore già in grave crisi. A tal proposito Grillo aveva esultato per la crisi dei giornali, a mio avviso con un certo cinismo. A farne le spese, infatti, non sono solo i giornalisti (spesso chiamati con disprezzo"pennivendoli"dai grillini), ma l'intera filiera (stampa, distribuzione, produzione della carta ecc.).
In ogni caso rimango dell'idea che il sistema attuale vada modificato radicalmente. In seguito cerco di riportare in sintesi l'attuale quadro normativo italiano in riferimento solo alla stampa, tralasciando quindi i settori radiofonico e televisivo.
L'intento dei finanziamenti dovrebbe essere quello di tutelare il pluralismo dell'informazione, almeno come prevedeva in origine la legge 1063/1971. I prodotti editoriali non vengono perciò considerati merci come le altre, perché strettamente legati alla libertà di informazione.
Si possono distinguere essenzialmente due tipologie di contributi:
- Contributi diretti: riservati a singole testate giornalistiche organo di movimenti politici, associazioni no profit, cooperative di giornalisti, minoranze linguistiche (legge 250/1990, legge 388/2000, modificate di recente dalla legge 103/2012).
- Contributi indiretti: riservati all'editoria in generale, compresi i libri. Sono sotto forma di agevolazioni sul credito, sull'IVA (al 4% invece che al 20%) e sulle tariffe postali (legge 662/1996, legge 549/1995, legge 62/2001)
L'entità dei contributi diretti è riportata annualmente sul sito del Governo, mentre per i contributi indiretti è molto difficile fare una stima esatta. Il 12 maggio 2007 Italia Oggi pubblicava una propria «elaborazione sui dati della Presidenza del Consiglio dei ministri» sui finanziamenti all’editoria giornalistica, sia diretti che indiretti. Venivano considerate 54 testate e l'importo complessivo dei contributi era sui 200 milioni di euro. Una stima del 2005 invece quantificava l'importo con 600 milioni (Fonte: Beppe Lopez, "La Casta dei giornali").
Con l'attuale crisi, tuttavia, si è reso necessario un drastico taglio alle spese. Il governo Monti, col decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201(disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici) ha stabilito la completa cessazione al 31 dicembre 2014 del sistema di contribuzione diretta. La legge 103/2012 ha poi stabilito che per il periodo transitorio le testate soggette a contributo diretto potranno ottenerlo solo se almeno il 20% (per le testate nazionali) o il 35% (per le testate locali) delle copie distribuite siano effettivamente vendute. Questa condizione però non si applica (e ti pareva!) ai giornali di partito.
Spesso su questo tema si sfornano numeri (talvolta, penso, anche per gettare fango sull'avversario politico) facendo confusione tra contributi diretti e indiretti, per cui girano voci che "la Repubblica" viene finanziata con 16 milioni di euro e passa, mentre "il Fatto Quotidiano" non riceve nessun finanziamento. Invece entrambi usufruiscono solo dei contributi indiretti, che in proporzione risultano maggiori per Repubblica per il semplice fatto che distribuisce più copie. Un'altra "bufala" che si sente è che il sistema dei contributi è un'anomalia solo italiana, invece è presente seppur in modalità diverse anche in altri Paesi europei.
Molti però si chiedono: ha ancora senso finanziare o agevolare la stampa quando il digitale e la Rete stanno prendendo il sopravvento? Personalmente non so cosa accadrà in futuro, ma al momento sembra che i diversi media riescano a convivere e c'è ancora una parte di popolazione che non usa internet per informarsi. C'è anche differenza tra la fruizione delle informazioni in rete e sulla stampa, oltre al problema della conservazione delle informazioni digitali, di questo comunque vorrei parlare meglio in seguito.
Non ho le competenze per conoscere la soluzione migliore, ma penso che togliere subito tutti i finanziamenti all'editoria possa portare più danni che benefici, sia a livello sociale che culturale, e che le aziende del settore vadano agevolate in vista di un'eventuale riconversione.



domenica 13 gennaio 2013

Plastica biodegradabile made in Italy


Tra crisi economica e problemi di inquinamento, talvolta si legge qualche bella notizia, che racconta di attività produttive sempre più orientate verso la sostenibilità ambientale. Qui descriverò un caso interessante, che mi è stato segnalato da un amico che ringrazio.

Bio on è una società italiana che dal 2007 sviluppa nuovi materiali avvalendosi di biotecnologie. L'azienda produce plastiche (polimeri)biodegradabili, ottenute con l'ausilio di batteri, da scarti di lavorazione della barbabietola e della canna da zucchero. I prodotti che si ottengono si chiamano Poliidrossialcanoati (PHAs), che in molte applicazioni possono sostituire plastiche come PET, PP, PS, HDPE, LDPE, PE, con le quali si producono oggi bottiglie, packaging alimentare, componentistica auto, arredamento, fibre, pellicole per imballaggio ed elettronica. Inoltre gli oggetti in PHA possono essere fabbricati negli stessi impianti di produzione delle plastiche tradizionali.
I principali vantaggi ambientali sono la provenienza da fonti rinnovabili anziché dal petrolio e la maggiore biodegradabilità rispetto ai polimeri tradizionali. A tal proposito la bio plastica MINERV® PHA SC (Sugar Cane) ha ottenuto la certificazione “OK Biodegradable Water” (Biodegradabile in acqua), assegnata dalla società certificatrice belga Vinçotte. Queste plastiche sono facilmente degradabili in acqua in presenza di batteri, mentre in condizioni asettiche sono resistenti e impermeabili, per cui possono essere usate per contenere liquidi. Un ulteriore vantaggio è la produzione da materiali di scarto e non da prodotti destinati all’alimentazione (oli o amido di cereali) come la maggior parte dei bio polimeri oggi in commercio. 


martedì 8 gennaio 2013

Il caso Odifreddi: quando la censura è un boomerang


A proposito di argomenti tabù e politically correct, vorrei riflettere su un avvenimento dello scorso anno, quando il matematico Piergiorgio Odifreddi pubblicò nel suo blog (ora chiuso) sul sito Repubblica.it un post fortemente critico sulla politica militare di Israele, che veniva paragonata al nazismo. Il post era questo:

"Dieci volte peggio dei nazisti (18)
Uno dei crimini più efferati dell’occupazione nazista in Italia fu la strage delle Fosse Ardeatine. Il 24 maggio 1944 i tedeschi “giustiziarono”, secondo il loro rudimentale concetto di giustizia, 335 italiani in rappresaglia per l’attentato di via Rasella compiuto dalla resistenza partigiana il 23 maggio, nel quale avevano perso la vita 32 militari delle truppe di occupazione. A istituire la versione moderna della “legge del taglione”, che sostituiva la proporzione uno a uno del motto “occhio per occhio, dente per dente” con una proporzione di dieci a uno, fu Hitler in persona.
Il feldmaresciallo Albert Kesselring trasmise l’ordine a Herbert Kappler, l’ufficiale delle SS che si era già messo in luce l’anno prima, nell’ottobre del 1943, con il rastrellamento del ghetto di Roma. E quest’ultimo lo eseguì con un eccesso di zelo, aggiungendo di sua sponte 15 vittime al numero di 320 stabilito dal Fuehrer. Dopo la guerra Kesselring fu condannato a morte per l’eccidio, ma la pena fu commutata in ergastolo e scontata fino al 1952, quando il detenuto fu scarcerato per “motivi di salute” (tra virgolette, perché sopravvisse altri otto anni). Anche Kappler e il suo aiutante Erich Priebke furono condannati all’ergastolo. Il primo riuscì a evadere nel 1977, e morì pochi mesi dopo in Germania. Il secondo, catturato ed estradato solo nel 1995 in Argentina, è tuttora detenuto in semilibertà a Roma, nonostante sia ormai quasi centenario.
In questi giorni si sta compiendo in Israele l’ennesima replica della logica nazista delle Fosse Ardeatine. Con la scusa di contrastare gli “atti terroristici” della resistenza palestinese contro gli occupanti israeliani, il governo Netanyahu sta bombardando la striscia di Gaza e si appresta a invaderla con decine di migliaia di truppe. Il che d’altronde aveva già minacciato e deciso di fare a freddo, per punire l’Autorità Nazionale Palestinese di un crimine terribile: aver chiesto alle Nazioni Unite di esservi ammessa come membro osservatore! Cosa succederà durante l’invasione, è facilmente prevedibile. Durante l’operazione Piombo Fuso di fine 2008 e inizio 2009, infatti, compiuta con le stesse scuse e gli stessi fini, sono stati uccisi almeno 1400 palestinesi, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, a fronte dei 15 morti israeliani provocati in otto anni (!) dai razzi diHamas. Un rapporto di circa 241 cento a uno, dunque: dieci volte superiore a quello della strage delle Fosse Ardeatine. Naturalmente, l’eccidio di quattro anni fa non è che uno dei tanti perpetrati dal governo e dall’esercito di occupazione israeliani nei territori palestinesi.
Ma a far condannare all’ergastolo Kesserling, Kappler e Priebke ne è bastato uno solo, e molto meno efferato: a quando dunque un tribunale internazionale per processare e condannare ancheNetanyahu e i suoi generali?
Piergiorgio Odifreddi"

A mio avviso i paragoni con il nazismo sono fuori luogo, anche quando dal "fronte" opposto si dipinge il presidente iraniano Ahmadinejad come il nuovo Hitler, e reputo davvero triste quando la guerra viene ridotta al confronto del numero di morti tra le fazioni opposte. Inoltre, chiamare "resistenza" un'organizzazione come Hamas che rifiuta di riconoscere lo stato di Israele e colpisce deliberatamente i civili, lo trovo eccessivo. 
Tuttavia, l'articolo di Odifreddi non contiene affermazioni razziste, offensive contro una religione o diffamatorie e , a parte gli eccessi, pone comunque un problema scomodo: il fatto che nei bombardamenti israeliani le vittime sono spesso civili. Questo fatto, inaccettabile per l'opinione pubblica occidentale, viene spesso attenuato dai media con varie giustificazioni: "danni collaterali", "tragici errori", "i terroristi usano scudi umani" ecc. Il punto è che, quando si combatte attraverso bombardamenti massicci, contro un nemico non compatto e non facilmente individuabile, in una città densamente popolata, è inevitabile che ci siano vittime civili. E chi è nella "stanza dei bottoni" lo sa, e cinicamente preferisce la morte di 10 stranieri piuttosto che di 1 connazionale (e potenziale elettore...).
In ogni caso, un organo di informazione serio dovrebbe dar voce anche ad opinioni diverse anche se un po' provocatorie, purché non palesemente offensive. Invece si è scelta la censura, che però per Repubblica si è rivelata un clamoroso autogol. A parte il fatto che l'articolo si è diffuso comunque sul web (es. sul sito del Fatto Quotidiano), ma ha dato ulteriore alimento alle teorie complottiste antiebraiche e all'idea (in gran parte vera, purtroppo) che i media mainstream siano servi della politica. 

sabato 5 gennaio 2013

Buona Epifania!

Margherita Hack nei panni della Befana. Tecnica utilizzata: trasferimento immagini con solvente, pastelli a cera, tempera,  china, bianchetto.